La casa sul mare celeste di TJ Klune

Confesso: ho iniziato questo libro per colpa della copertina. È troppo bella.

La casa sul mare celeste è un fantasy, anzi più di un fantasy: è una metafora sulla necessità di accettare la diversità, sia da chi si reputa “normale” sia da chi è portatore di questa diversità, sia ancora da chi cerca di proteggere queste persone diverse. Come le schede di un domino infatti, non si può far cadere una delle tre cose senza necessariamente far traballare (e speriamo anche far cadere) anche le altre!

In un mondo dove magia e normalità convivono, il compito di occuparsi dei bambini speciali (di tutte le specie: gnomi, ninfe, fate, draghi e chi più ne ha più ne metta!) rimasti orfani tocca al Dipartimento della Magia Minorile e ai suoi assistenti sociali che girano per gli orfanotrofi preoccupandosi che tutti i bambini siano trattati bene.

Al quarantenne non più in formissima Linus Baker viene affidato il compito delicatissimo e segretissimo di visitare e fare rapporto sull’orfanotrofio di Marsyas, nascosto in un’isola remota, osservando i suoi abitanti: i sei bambini ospitati e il direttore Arthur Parnassus. Nel corso del mese che Linus trascorrerà sull’isola imparerà che i pregiudizi sono nascosti in ognuno di noi e che sconfiggerli richiede volontà e tempo, ma che l’unico modo per farlo è lasciarsi andare alla scoperta dell’altro, scacciando le paure proprie e degli altri.

Un romanzo bello che fa sperare in un mondo dove finalmente quelle persone impaurite che urlano e strepitano finalmente vengano zittite dal silenzio di chi accetta con naturalezza che ognuno di noi è strano a modo suo e che di normale al mondo c’è ben poco.