NOI, UMANI di Frank Westerman (Iperborea)

Perché preferisco il reportage al romanzo? La risposta più semplice è: perché davanti alla vita vera non c’è finzione che tenga. Mi imbatto di continuo in storie realmente accadute così inverosimili che, se immerse nella finzione letteraria, perderebbero subito ogni residuo brandello di credibilità.

Tutto comincia con un corso all’università e con la scoperta di un cranio. Non è un cranio qualunque però è un cranio speciale: appartiene a un ominide delle isole di Flores, in Indonesia, un uomo particolarmente basso, che non arriva al metro e mezzo. E come può qualche osso scatenare una polemica mondiale sull’origine dell’uomo? Prova a capirlo Westerman, giornalista e scrittore olandese che aveva già pubblicato diverse cose con Iperborea, come L’enigma del lago rosso. Quello che scopre è che in realtà nel mondo dell’antropologia e della paleontologia ogni piccola scoperta è tanto importante quanto assurda perché le speculazioni che nascono da un piccolo frammento di osso possono essere infinite. Ne è una dimostrazione pratica l’Homo floresiensis: il suo piccolo cranio è difficile da inserire nell’albero genealogico dell’intera umanità: c’è chi dice che sia contemporaneo all’homo sapiens, chi all’uomo di Neanderthal, chi invece addirittura sostiene che sia tutto falso che sia un uomo contemporaneo affetto da nanismo… Insomma ogni studioso ha la sua teoria, sembra quasi che ognuno racconti una storia, che arricchisca e infiocchetti un qualcosa che non capisce fino in fondo, non solo, le varie scoperte sembrano avere un’eco più o meno ampia a seconda del momento storico in cui vengono fatte.

Se a tutte queste riflessioni scientifiche andiamo ad aggiungere anche quelle etiche e filosofiche, la confusione aumenta. Cosa ci rende umani? Qual’è l’ominide che dalla dimensione scimmiesca e animale passa a quella umana? Cosa in definitiva ci distingue dagli altri animali e perché come uomini ci sentiamo superiori a loro?
Anche in questo caso le teorie abbondano, guidate soprattutto dalle sensibilità personale dei vari studiosi. Altro esempio lo sviluppo del linguaggio: per un sacco di tempo gli studiosi, uomini, hanno pensato che avendo sviluppato delle tecniche di caccia più raffinate i gruppi di ominidi avevano la necessità di comunicare tra loro in modo più preciso e questo li ha costretti a sviluppare la parte del cervello dedicata al linguaggio. Negli ultimi tempi però altre studiose, donne, hanno proposto una teoria alternativa: poiché la postura eretta non permetteva più ai piccoli di ominide di rimanere attaccati alle madri, queste hanno dovuto inventarsi un modo per far sentire la loro presenza ai bambini piccoli pur non avendoli sempre addosso, da qui lo sviluppo di suoni che si sono trasformati in cantilene, filastrocche.. insomma linguaggio.

Questi sono solo alcuni esempi dei tantissimi spunti di riflessione che vengono fuori da questo libro, un catalogo ricchissimo di informazioni sulle nostre provenienze e sulle varie correnti di pensiero che studiano le nostre origini, pieno di nomi di studiosi, di aneddoti curiosi che li hanno visti protagonisti e di vere e proprie guerre diplomatiche intraprese per riportare a casa i resti dei primi ominidi.
Un saggio affascinante che fa riflettere su come siano effimere le convinzioni che abbiamo e su quanta strada abbiamo ancora da fare per cercare di capire qualcosa sulle nostre origini per avere un pochino più chiaro quale sarà il nostro futuro.